Partito Democratico, Marzo 1st, 2010
Emerge con chiarezza che la situazione per le Afgane non è migliorata da quando sono presenti nel Paese le truppe straniere.
Malalai Joya, ospite a Bologna delle Donne in nero, chiede a tutte e tutti coloro che hanno a cuore la pace ma anche le sorti della popolazione afgana, di fare appello ai propri governi perché ritirino le truppe infatti dopo più di otto anni di occupazione nulla di quello che hanno promesso è stato raggiunto, anzi la popolazione civile è quella che più ha sofferto e soffre. Malalai Joya ospite a Bologna delle Donne in nero: la trentaduenne deputata afgana che, cacciata dal parlamento dopo aver denunciato le presenza tra i deputati di criminali di guerra, lotta e rischia quotidianamente la vita perché le donne del suo Paese possano vivere in pace nel pieno riconoscimento dei loro diritti e gira il mondo per far conoscere la verità sulla guerra in Afghanistan, venduta in occidente come guerra al terrorismo, per liberare le donne, per la democrazia e chiedere a tutte e tutti coloro che hanno a cuore la pace ma anche le sorti della popolazione afgana, di fare appello ai propri governi perché ritirino le truppe infatti dopo più di otto anni di occupazione nulla di quello che hanno promesso è stato raggiunto, anzi la popolazione civile è quella che più ha sofferto e soffre. In mattinata Malalai ha incontrato le studentesse e gli studenti del liceo classico Minghetti, accompagnata da Patricia Tough delle Donne in nero di Bologna e da Graziella Mascheroni del Cisda ( Comitato Italiano di Sostegno alle Donne Afgane) che si è occupata anche della traduzione.
Malalai ha saputo catturare l’attenzione di questo giovane pubblico comunque interessato ed attento che ha posto tante domande e man mano che Malalai dava informazioni, faceva conoscere le cifre del disastro e le menzogne che ci vengono servite ogni giorno, si è diffusa una voglia di capire, di condividere, di fare qualcosa… per Malalai è stata una esperienza molto importante che a lei ha dato ottimismo e speranza e alle ragazze e i ragazzi la consapevolezza che noi tutti abbiamo e dobbiamo assumerci le nostre responsabilità di fronte a chi soffre anche a causa delle politiche di guerra che vedono i governi agire in nostro nome. In serata si è svolto l’incontro alla Libreria delle Donne. E’ stato proiettato un documentario in cui dalle vicende di alcune donne (ragazze che si sono date fuoco pur di sfuggire alle violenze familiari, vedove costrette a elemosinare in strada, bambine obbligate al matrimonio) emerge con chiarezza che la situazione per le Afgane non è migliorata da quando sono presenti nel Paese le truppe straniere. Malalai ha raccontato la sua battaglia anche contro le verità parziali che raggiungono l’Occidente, ad esempio quando viene fornito un numero di vittime civili ampiamente al di sotto di quello reale. Con l’energia che la contraddistingue, nonostante la vita continuamente sotto pressione che è costretta a condurre anche per sfuggire alle continue minacce, ha spiegato che il popolo afgano deve attualmente difendersi da tre nemici : i Talebani, i Signori della guerra che sono ancora al governo e le truppe di occupazione straniera. A tale proposito ha invitato ad ascoltare il suo appello ai parlamentari italiani perché si voti per il ritiro dell’esercito italiano dal Paese, affinché la popolazione possa autonomamente lottare contro i nemici interni. Importante la richiesta di giustizia affinché i criminali di guerra, Talebani e non, possano essere perseguiti da Corti di giustizia internazionali. Malalai ha affermato che non ci può essere nessuna giustizia senza verità e condanna e a tale proposito Patricia Tough ha ricordato le analoghe lotte delle donne del Sud America e di Srebrenica accomunate dalla richiesta di Verità, giustizia, riparazione , solo su queste basi possono rifondarsi le società. Gli interventi del pubblico hanno sottolineato alcune analogie con la situazione italiana a proposito della menzogna in cui viviamo costantemente e Malalai mostrando le foto di un talebano che, rasato e vestito all’occidentale, è andato a studiare a Yale per diventare insegnante, ha notato come l’Italia stia passando da Mussolini a qualcuno che lo ricorda molto. Le domande del pubblico sono state numerose ed è emersa la volontà di aiutare nel concreto le donne afgane. Malalai ha affermato che anche in Afganistan esistono partiti e associazioni democratiche (Rawa, Opawac, Hawca….) che hanno bisogno di finanziamenti e che lei stessa sta pensando di creare un partito che la possa supportare nelle sue numerose attività anche se le difficoltà sono molte. Graziella Mascheroni ha spiegato che il CISDA sostiene da anni Malalai e tutte le organizzazioni citate e che è possibile contribuire dall’Italia con versamenti sul conto corrente dell’associazione e anche con il 5 per mille (sul nostro blog le modalità per il versamento). La serata si è conclusa nella speranza che anche da Bologna si posa contribuire non solo economicamente, ma anche tramite campagne di sensibilizzazione alla causa di Malalai e di tutte le donne afgane. Malalai andandosene ci lascia l’indelebile ricordo del suo dolce e malinconico sorriso di piccola, giovane ma indomabile donna che ha accettato di vivere blindata, continuamente sotto minaccia di morte (ha già subito quattro attentati), senza una dimora fissa e indossando l’odiato burqa quando sta nel suo paese come condizione per portare avanti la sua lotta, e noi ci auguriamo di rivederla presto, con la speranza che la sua personale situazione e quella delle sue compagne abbia finalmente avuto un’evoluzione positiva.